Anpdi - Associazione Nazionale Paracadutisti d'Italia / Sez. di Reggio Calabria Anpdi - Associazione Nazionale Paracadutisti d'Italia / Sez. di Reggio Calabria


IL CONCORSO DELLE ARMI DI SOSTEGNO NEL GRUPPO TATTICO PARACADUTISTA; IL MORTAIO: CARATTERISTICHE E MODALITÀ D’IMPIEGO.
MORTAIO PESANTE da 120 mm.
In occasione del recente campo estivo organizzato dalla Sezione di Reggio Calabria in Aspromonte, sull’altopiano dello Zillastro, alcuni soci, avendo appreso di uno dei due miei incarichi, da me svolti allorquando ho assolto agli obblighi del servizio militare e, segnatamente, del mio incarico di comandante di squadra mortai pesanti da 120 mm., mi hanno chiesto di illustrare le caratteristiche dell’arma utilizzata (con le relative modalità di impiego) e che, a quanto pare, a molti risulta totalmente sconosciuta, essendo vagamente nota soltanto per il nome (MORTAIO) e, stranamente, non per le particolari ed elevate prestazioni.

Ciò mi ha indotto a scrivere queste pagine, sperando di riuscire ad appagare la curiosità di chi mi ha posto numerose domande e, più in particolare, augurandomi, dato il lunghissimo tempo trascorso dal mio congedo, oltre che in considerazione della ben limitata mia attività da mortaista, di riuscire a ricordare quanto meno gli aspetti essenziali. Non sono comunque in grado di riferire, meglio di quanto tenterò di fare, in ordine all’acquisizione od alla elaborazione dei dati per il tiro, non avendo svolto mai compiti tipici degli esploratori, dei tavolettisti o dei goniometristi, ovvero ancora degli ufficiali addetti al controllo del tiro; credo però di poter discretamente illustrare – almeno se non sarò tradito dalla mia memoria – proprio per i compiti assolti esclusivamente in funzione del mio incarico, l’uso dell’arma nel suo più generale complesso.

Orbene, mi preme evidenziare e premettere che lo stesso termine “mortaio”, mutuato dall’attrezzo in bronzo utilizzato col pestello per frantumare e polverizzare, già lascia immaginare quanto micidiale possa essere siffatta arma da fuoco….
Come tutte le armi da fuoco, il mortaio è una macchina che utilizza l’energia cinetica dei gas che si sviluppano con la combustione dell’esplosivo contenuto nell’elemento resistente della medesima macchina (la bocca da fuoco), che porta il proietto spingendolo verso l’obiettivo da abbattere.
Il mortaio non ha un tiro teso come gli obici, ma un peculiare tiro a parabola che, come si vedrà, lo rende molto temuto in battaglia in quanto, oltre a superare enormi ostacoli (montagne) che gli obici non sono in grado di oltrepassare, non consente al nemico di trovare riparo. E’ un’arma a puntamento indiretto, atteso che il bersaglio non è mai visibile dalla stessa arma; detto puntamento indiretto consiste nel fare assumere alla linea di mira una posizione, rispetto all’asse della bocca da fuoco, tale da far risultare l’arma “puntata” quando la linea di mira medesima è indirizzata (tecnicamente: “collimata”) su un altro qualsiasi punto (naturale od artificiale, come, ad esempio, un albero od un campanile) detto “falso scopo”, liberamente scelto dal capo arma puntatore.
Il mortaio, dunque, può essere brevemente definito un’arma dal tiro a parabola, ad avancarica ed a percussione automatica per caduta del proietto nella bocca da fuoco; può avere la bocca da fuoco ad “anima” liscia o rigata ed è costituito dai seguenti componenti:
a) Bocca da Fuoco;
b) Percussore a spillo;
c) Affusto a bipiede;
d) Piastra;
e) Congegno di puntamento.
ACCESSORI: tre spallaci di differente foggia per il trasporto dei vari componenti (bocca, affusto e piastra), cofanetto per il trasporto del congegno di puntamento, palina, bussola e megafono.
Il mortaio pesante è l’arma che fornisce il maggiore supporto di fuoco autonomo, inquadrato nei reparti di assalto; il calibro è generalmente di 120 mm, sia negli eserciti dei paesi NATO che dei paesi facenti capo all’ex blocco sovietico (Patto di Varsavia). Pur esistendo mortai di calibro maggiore, come i 240 mm utilizzati dai russi ed i 160 mm utilizzati sia da russi che da israeliani, questi ultimi sono usati piuttosto come pezzi d’artiglieria veri e propri ed inquadrati in unità autonome per usi particolari.
Il nostro mortaio pesante (MO.PE.120), invece, può essere definito un pezzo di artiglieria in dotazione diretta ai reparti d’assalto, una sorta di “artiglieria personale” di cui può disporre il comandante di un battaglione.
Secondo il livello del reparto in cui è distribuito, il mortaio deve soddisfare esigenze diverse, in termini di leggerezza, portabilità (anche a mezzo di scomposizione del pezzo in più carichi) e gittata (più è grande e di alto livello il reparto, più è necessaria una gittata maggiore per poter appoggiare le unità inferiori). In generale, l’arma è in dotazione a livello di squadra/plotone.
Esistono mortai superleggeri (modello Brixia), di calibro normalmente compreso tra 45 mm ed i 60 mm, costituiti semplicemente dalla bocca da fuoco nella cui parte posteriore è già fissata una piastra d’appoggio ridotta: il peso è così contenuto al massimo e l’intera arma viene trasportata da una sola persona; questo tipo di mortaio, che viene anche praticamente utilizzato da un solo uomo, sia pur coadiuvato da altro addetto con funzioni di porgitore, viene denominato “mortaio commando”.
Sempre per mantenere i pesi entro certi limiti, anche i mortai distribuiti a livello di compagnia hanno un calibro di 60 mm e vengono chiamati mortai leggeri. I mortai medi sono quelli da 81 mm e vengono distribuiti pure a livello compagnia nel caso di fanteria meccanizzata od a livello battaglione nel caso di fanteria leggera.
Invece, sono da 120 mm. i mortai pesanti distribuiti sempre e soltanto a livello battaglione; tale arma garantisce una forte capacità balistica ed una maggiore gittata pur mantenendo grande maneggevolezza.
Invero, nell’impiego di gruppo tattico paracadutista al livello di battaglione e che, in quanto tale, ha in sé tutti gli elementi necessari per concepire, organizzare e condurre il combattimento, il “fuoco di sostegno” è indubbiamente assicurato dalla compagnia mortai da 120, nonché dalla batteria di artiglieria da campagna paracadutisti, oltre che, in misura prevalente, dalle forze aerotattiche, senza l’apporto delle quali un’operazione di aviosbarco, a livello di gruppo tattico o superiore, non avrebbe possibilità di successo.
Nello sviluppo delle dinamiche del combattimento non è superfluo rammentare che l’impiego del gruppo tattico paracadutista, per il cui buon esito è indispensabile il “fuoco di sostegno”, assicurato anche dai mortai come anzidetto, deve in ogni caso essere ispirato ai criteri della sorpresa, dell’azione violenta e di breve durata, dell’aggressività, della spregiudicatezza e dell’iniziativa, nonché della cooperazione interarma ed interforze, oltre che al ricorso, finché possibile, al combattimento notturno (preferibilmente senza luna).
E’ comunque di rilievo che nell’impiego delle armi di sostegno, cui il mortaio chiaramente appartiene, è sempre necessaria un’organizzazione di comando che possa realizzare un coordinamento del fuoco aereo e di quello terrestre, tenendo presente che non sempre è realizzabile la manovra unitaria del fuoco e l’inserimento del fuoco dei mortai da 81 delle compagnie nella manovra al livello di gruppo tattico, ovvero che spesso può imporsi la necessità di uno schieramento per plotone della compagnia mortai da 120 (o per sezione della batteria di artiglieria), ovvero ancora che non è possibile, ai fini del tiro, assicurare l’osservazione a giro d’orizzonte con i soli organi della compagnia mortai da 120 (o della batteria d’artiglieria).
Il mortaio, dunque, è un’arma di squadra e, sostanzialmente, come sopra evidenziato, un’arma di sostegno per i reparti d’assalto, essenzialmente con caratteristiche antitruppa, anche se può essere impiegato per diversi altri scopi (come le azioni di commando o con tattica di guerriglia); ha un tiro a parabola e, quindi, un tiro che risulta utilissimo per superare imponenti ostacoli (come le montagne, che il tiro diretto dell’artiglieria non può mai superare) ed impiega bombe con un raggio schegge fino a 100-250 metri: il primo raggio è quello efficace, il secondo è il raggio di sicurezza (dati riferiti al Mo.Pe.120 e lancio di bomba PE.PA.).
Devo inoltre soggiungere che, quando l’arma viene impiegata per le succitate azioni di commando o mediante tattica di guerriglia, dopo aver effettuato alcuni tiri comporta che la postazione può essere facilmente individuata dal nemico e, dunque, che i mortaisti devono spostarsi velocemente e continuativamente per non essere intercettati.
E’ un’arma che a me piace definire “intelligente” (scusate la presunzione!), essendo tanto complessa per l’impiego al tiro (è necessario effettuare anche calcoli trigonometrici), quanto semplice ed economica, ma tuttavia capace di eseguire un’azione di fuoco con proietti cadenti quasi in verticale (c.d. tiro ad arco), ottimizzando la distribuzione delle schegge in un’area ampia, senza nemmeno la possibilità di lasciare trovare scampo dietro ripari od ostacoli come avviene nel caso del tiro teso dei cannoni; proprio per quest’ultima ragione, oltre che per la elevata capacità di fuoco e la possibilità di essere molto mobile anche in situazioni in cui la motorizzazione non è impiegabile (come in montagna), è un’arma ritenuta estremamente efficace e pericolosa.
Un plotone mortai pesanti da 120 mm. in pieno allestimento (quattro squadre) può sparare, con le sue quattro armi e con buoni serventi alle stesse, addirittura 40 colpi al minuto, ottenendo un micidiale volume di fuoco che risulta a dir poco devastante.
CARATTERISTICHE E PRESTAZIONI PRINCIPALI DEL MO.PE.120 :
Peso della bocca: 34 Kg;
Peso della piastra: 34 Kg;
Peso dell’affusto: 23.5 Kg;
Lunghezza bocca: 1640mm;
Calibro: 120mm;
Gittata max bomba PEPA: 6550 m.
MUNIZIONAMENTO: Bomba PEPA (peso 14 Kg. circa) o Bomba Leggera Italiana (peso 13 Kg. circa), granata chimica (non utilizzata), illuminante e fumogeno.
La bomba, che può essere spolettata con spoletta istantanea o ritardata, è munita di un “codolo” con alla base alette stabilizzatrici e dove, in fondo, è collocata la carica di lancio che si innesca, per caduta della stessa bomba attraverso la bocca da fuoco, colpendo il percussore a spillo posto nel fondello (la base) della bocca da fuoco medesima.
Sul “codolo” possono essere inserite cariche di lancio aggiuntive (dischetti di balistite, solitamente a forma di U oppure a forma di ferro di cavallo), al fine di ottenere maggiori gittate.
I proietti sono di foggia diversa a seconda siano destinati a mortai ad “anima” liscia od a mortai ad “anima” rigata. Nel caso di proietti destinati a mortai con bocca da fuoco liscia, il corpo principale è costituito da un cilindro affusolato contenente il carico esplosivo, la parte anteriore è un cono costituito dalla spoletta (ritardata od istantanea e, quindi, a tempo, od a pressione o di prossimità), mentre la parte posteriore è praticamente un cilindro, detto “codolo”, di diametro di gran lunga inferiore rispetto a quello del corpo principale, con alla fine una serie di alette poste a raggiera che servono per la stabilizzazione del proietto in volo. Tra le alette ed il corpo principale, il codolo presenta normalmente dei fori: la carica di innesco è situata in fondo ed all’interno del codolo, all’esterno del quale, nella zona tra le alette ed il corpo principale, se necessario e come anzidetto, vengono poste le cariche aggiuntive. Attraverso i fori presenti nel codolo passano i gas caldi generati dalla detonazione e che innescano la carica di lancio stessa. In alcuni tipi di proietti non c’è spazio tra le alette stabilizzatrici ed il corpo principale, per cui la carica di lancio aggiuntiva, invece che avere una forma ad U od a ferro di cavallo, è sagomata a "V" e viene posta direttamente tra due alette contigue, tra le quali sono presenti i fori che servono, come si è già detto, per l’accensione della carica medesima. Esistono anche proietti piccoli e leggeri, che non prevedono l’utilizzo di cariche aggiuntive (e non presentano nemmeno i fori di sfiato sul codolo) e l’unica carica di lancio utilizzata è quella presente direttamente all’interno del codolo stesso: questo genere di proietti più piccoli è generalmente limitato ai mortai ultraleggeri (o commando) per i quali sono sufficienti brevi gittate.
Nel caso dei mortai con bocca da fuoco rigata, i proietti utilizzati mancano completamente del codolo, oppure, pur avendolo, è di dimensioni ridotte e manca delle alette stabilizzatrici (come nel caso del munizionamento previsto per il mortaio francese Thompson-Brandt). In diversi casi, inoltre, tale munizionamento presenta sulla circonferenza del corpo principale, degli "inviti" elicoidali per la rigatura presente nella bocca da fuoco. La stabilità di siffatti proietti, privi di alette stabilizzatrici, è data dall’effetto giroscopico loro inferto dalla rigatura della bocca da fuoco al momento dello sparo.
Sia nel caso di munizionamento per mortai ad “anima”a liscia che ad “anima” rigata, i proietti sono dotati di un "anello di tenuta", costituito da materiale plastico termo-espansivo posto attorno al corpo principale, che al momento della deflagrazione della carica di lancio si dilata a causa dell’improvviso aumento di temperatura, garantendo così la tenuta dei gas dietro al proietto e dentro la bocca da fuoco. In questo modo è possibile inserire facilmente nella bocca da fuoco il proietto che poi, per gravità, cade sino al percussore a spillo posto sul fondello, con rendimento della carica di lancio ottimale e con migliori prestazioni balistiche in termini di gittata.
Come si è già visto, all’uscita dalla volata e nella fase balistica di volo, la stabilità del proietto è assicurata dalla forza aerodinamica generata sulle alette presenti nel codolo nel caso di mortai ad anima liscia, mentre nei proietti lanciati da armi ad anima rigata la stabilità è generata dall’effetto giroscopico impresso dalle scanalature elicoidali presenti nell’anima della bocca da fuoco.
Il proietto viene espulso e lanciato dalla volata a seguito di una fortissima deflagrazione, che impone ai serventi all’arma, soprattutto nell’impiego di mortai pesanti, l’adozione di opportuni accorgimenti a salvaguardia dell’udito al momento dello sparo.
Nel mortaio, il fortissimo rinculo generato dal violento sparo del proietto, viene assorbito unicamente dalla piastra che viene appoggiata sul terreno, nel quale, colpo dopo colpo, tende ad affondare se posto su un suolo cedevole (per tale ragione i mortaisti “preparano” un solido “nido” alla piastra, scavando una fossa, poi “foderata” con sassi, al fine di ammortizzare i colpi di rinculo già violentemente assorbiti dalla stessa piastra che ivi viene poggiata). La piastra è costituita da una superficie metallica piuttosto spessa di forma circolare, triangolare o rettangolare. Sulla faccia superiore della piastra è presente un dispositivo ad innesto in cui si incastra il blocco di culatta della bocca da fuoco; sulla faccia opposta che poggia sul “nido” scavato nel terreno sono presenti scanalature sporgenti a rostro che assicurano una maggiore "presa" sul suolo e, quindi, una maggiore stabilità dell’arma in fase di sparo.
Il bipiede serve soprattutto per la stabilità della bocca da fuoco che, altrimenti, non riuscirebbe a stare da sola appoggiata sulla piastra, ma è pure fondamentale per i movimenti di brandeggio ed elevazione, in quanto è anche fornito di meccanismi a "vite continua" per variare in modo tanto rapido, quanto preciso, alzo e direzione, agendo sulle relative manopole (chiocciole) di regolazione.
Sul bipiede viene collocato il congegno di puntamento (che è asportabile e viene di regola trasportato, custodito in un cofanetto, dal comandante di squadra), costituito da un traguardo ottico a sua volta dotato di regolazioni manuali “a chiocciola” per le correzioni fini del tiro, sia sul piano verticale che orizzontale.
Addetti al mortaio sono almeno 4 uomini, oltre un conduttore:
1) il comandante di squadra che durante gli spostamenti trasporta il congegno di puntamento custodito in un cofanetto e, in fase operativa, sulla scorta delle informazioni ricevute, munito di bussola e palina, assegna, prima di tutto, la direzione iniziale ed approssimativa da dare alla bocca da fuoco nella postazione, successivamente imposta l’arma dopo aver ricevuto dai tavolettisti i dati che immediatamente comunica ai serventi l’arma medesima (angoli di tiro e direzione, oltre ad eventuali cariche aggiuntive da utilizzare, tipo di bomba e spolettatura), nonché controlla l’arma prima del tiro, impartisce l’eventuale cadenza di tiro, richiama l’attenzione, ordina la “BOMBA ALLA VOLATA” e, infine, ordina il “FUOCO”;
2) il capo arma puntatore, che ha il compito di trasportare l’affusto bipiede e, in fase operativa, di collimare il falso scopo agendo anche sulla chiocciola del congegno di puntamento, nonché di comunicare la fine del puntamento (gridando COLLIMATO ALT);
3) il caricatore o servente allo sbando, che durante il trasporto dell’arma porta la bocca da fuoco, mentre in fase operativa ha il compito di infilare la bomba nella volata, nonché di agire sulla chiocciola di sbandamento dell’affusto, durante le operazioni di collimazione, controllando la propria “bolla”;
4) il porgitore o servente all’alzo, che negli spostamenti trasporta la piastra, mentre in fase operativa porge le bombe al caricatore ed agisce sulla manovella dell’affusto, altresì controllando la propria “bolla” in fase di collimazione.
Capo arma puntatore, servente allo sbando e servente all’alzo devono portare il mortaio “in bolla” e collimare al falso scopo in un tempo massimo di tre secondi (in buona sostanza si tratta di mettere a livello l’arma, di volta in volta ed anche a seguito di ogni brusco spostamento dalla stessa subito ad ogni colpo, verificando che, nella collimazione, giungano a posizionarsi al centro le bolle d’aria presenti nei livelli dei diversi congegni di regolazione); caratteristica è la frenetica cantilena del “bolla-bolla” da parte dei serventi all’arma, che sta a significare che l’arma medesima non è ancora correttamente puntata. Soltanto quando entrambi i serventi all’arma (caricatore e porgitore) mutano la loro cantilena in “centro-centro”, il capo arma puntatore, che nel frattempo collima al falso scopo e controlla il centro della propria bolla, dà il “COLLIMATO-ALT” per poi immediatamente dichiarare “ARMA PRONTA”; a questo punto il Comandante di squadra dà l’eventuale cadenza (*), richiama la ”ATTENZIONE”, ordinando quindi la “BOMBA ALLA VOLATA” e, successivamente, il “FUOCO”.
(*) La cadenza può variare fino a dieci secondi, che vengono scanditi dal comandante di squadra con conto alla rovescia (ecco esattamente gli ordini: “…5, 4, 3. 2, 1… ATTENZIONE! BOMBA ALLA VOLATA…FUOCO!”) ed è, in sostanza, il tempo che deve essere mantenuto tra una deflagrazione e l’altra (rectius: tra il “fuoco” e l’inserimento della successiva bomba alla volata), al fine di tatticamente mantenere un determinato e costante ritmo di fuoco, anche per confondere il nemico circa l’effettivo numero delle armi impiegate.
Il caricatore ed il porgitore possono essere coadiuvati da altri due uomini: l’aiuto caricatore e l’aiuto porgitore. La squadra mortaisti, dunque, può essere complessivamente composta da cinque o sette uomini, incluso il conduttore.
Il comandante di squadra prende solitamente posizione tra i tavolettisti ed i serventi all’arma, ai quali, come anzidetto, impartisce gli ordini, eventualmente utilizzando il megafono. Pertanto, alle spalle del mortaio, o meglio del plotone mortai (un plotone mortai è formato da tre/quattro squadre), lavorano i tavolettisti (affiancati dai radiotelefonisti che sono in comunicazione con la pattuglia acquisizione obiettivi). I tavolettisti effettuano rapidi calcoli sulla carta, muniti soltanto di matita, mappe, grafici e tavolette di calcolo, fornendo così ai comandanti di squadra mortai la distanza, l’azimuth e la direzione che servono loro per impostare l’arma.

Ancora alle spalle dei tavolettisti lavora il goniometrista, che batte le parallele e traccia gli angoli necessari all’intero plotone e, più in particolare, alle squadre di tiro che compongono il plotone. Il goniometrista, in pratica, collima tramite il goniometro (uno strumento ottico che serve per misurare gli angoli), sulle varie armi (mortai) del plotone (a fianco delle quali, per facilitare i rilievi, i comandanti di squadra allineano la palina in dotazione, che consiste in un’asta ben visibile, dipinta a strisce alternate bianche e rosse), per poi indicare l’angolo rilevato. I goniometristi recitano, gridando, una sorta di filastrocca che è, più o meno, in questi termini: Plotone mortai in azione! Falso scopo goniometro di plotone al centro dello schieramento; prima arma, parallelismo iniziale… seconda arma…, ecc. .
Pur se rigorosamente silenzioso ed invisibile non può dimenticarsi del fondamentale ruolo degli esploratori, svolto dalla pattuglia acquisizione obiettivi costituita da alcuni uomini che, in avanscoperta, muniti di carta, matite, binocolo, bussola e dettagliate mappe, individuano l’obiettivo e comunicano al plotone od alla compagnia mortai, a mezzo di radiotelefono, la posizione od i movimenti del nemico e tutti i dati ricavati a seguito dei loro rilievi (incluse eventuali correzioni del tiro).
NOZIONI BASILARI PER L’UTILIZZO DELL’ARMA
LA DIREZIONE:
Ho già accennato in ordine al fatto che il mortaio è un’arma a puntamento indiretto, in quanto il bersaglio non è mai visibile dalla stessa arma, e che detto puntamento indiretto consiste nel fare assumere alla linea di mira una posizione, rispetto all’asse della bocca da fuoco, tale da far risultare l’arma “puntata” quando la linea di mira è indirizzata (tecnicamente: “collimata”) su un altro qualsiasi punto, liberamente ed opportunamente scelto dal capo arma puntatore, naturale od artificiale (un albero, un campanile, ecc.), detto “falso scopo”.
La linea di mira, quindi, viene spostata in modo da formare, con l’asse della bocca da fuoco, un angolo detto “parallelismo” (invero, gli angoli formati da una linea retta, o da un fascio di linee rette, che interseca due rette parallele sono a due a due uguali): in tal modo, una volta che si è collimato al falso scopo (con consequenziale spostamento della bocca da fuoco), l’asse di questo viene a disporsi in una determinata direzione, che viene chiamata “direzione di orientamento” (è la direzione origine per la misura, in senso orario, degli angoli azimutali; si chiama anche “Linea Zero” ed è quella particolare direzione di orientamento che congiunge il centro del settore di azione con il centro dello schieramento; la sua giacitura è individuata mediante l’azimut misurato nel centro dello schieramento).
Per completare il puntamento in direzione è sufficiente, una volta orientata la bocca da fuoco, far assumere ad essa lo ”angolo di direzione”, corretto dello scostamento, misurato tra la direzione di orientamento e la congiungente arma-obiettivo (in senso orario).

IL TIRO:

Risolvere il problema del tiro significa conferire ad una massa di peso e forma noti (proietto) una determinata velocità in una data direzione, in modo che possa raggiungere un punto dello spazio (dove si trova l’obiettivo) di posizione nota.

Gli aspetti peculiari sono trattati dalla balistica (dal greco bàllein: lanciare), che è quel ramo della fisica meccanica che studia il moto del proietto, dove per proietto si intende un corpo pesante, lanciato da una bocca da fuoco nello spazio in una determinata direzione e da cui si ricava la traiettoria, che niente altro è che la linea curva percorsa nel ridetto spazio dal centro di gravità del citato proietto durante il suo movimento.

Invero, il proietto, già dentro la bocca da fuoco, è soggetto a forze di natura essenzialmente termodinamica e raggiunge la massima velocità; il suo moto è studiato dalla balistica interna. Fuori dalla bocca da fuoco il proietto è soggetto a forze di natura aerodinamica (resistenza dell’aria) e gravitazionale (peso); il suo moto è studiato dalla balistica esterna.

La traiettoria percorsa dal proietto nel vuoto sarebbe una parabola con concavità rivolta verso il basso; nell’aria è una linea gobba le cui proiezioni sul piano verticale ed orizzontale si “avvicinano” alla parabola.
E’ sufficiente evidenziare che, per una valutazione matematica, nella parabola:
- la traiettoria è determinata solo dalla velocità iniziale, indipendentemente dalla forma e dal peso del proietto;
- l’asse della parabola è perpendicolare e, passando attraverso il vertice della curva, la divide in due rami simmetrici (ascendente e discendente);
- l’angolo di partenza è uguale all’angolo di caduta;
- la velocità iniziale è uguale alla velocità di caduta;
- la gittata massima si ha per un angolo di partenza di 45°.

E’ evidente che il mortaio non può essere impiegato con tiri aventi un angolo inferiore a 45°, così come non può neppure sparare con tiri aventi angolo superiore ad 87° in termini di sicurezza, posto che sparare con un angolo di 90° sarebbe solo un sicuro suicidio: il proietto salirebbe in perfetta verticale sino ad oltre seimilacinquecento metri, per poi ricadere sulla medesima verticale esplodendo sulla stessa postazione dalla quale è stato lanciato (…ed Amen)!

E’ da notare che i valori numerici che descrivono i vari elementi della traiettoria sono collegati fra di loro da semplici relazioni matematiche, così che, noti alcuni di essi, possono agevolmente ricavarsi gli altri. Giova considerare che la traiettoria atmosferica tanto più si avvicina a quella nel vuoto quanto più pesante è il proietto e più bassa la velocità iniziale; nel nostro caso, vale a dire per il mortaio, la differenza tra gittata reale e gittata nel vuoto è soltanto del 10% (la differenza era ancora minore per le artiglierie antiche); per un proiettile di pistola la differenza è invece di circa 10 volte!




LA DETERMINAZIONE DELL’ANGOLO DI TIRO:

Mentre nel caso del puntamento diretto, una volta segnato il valore dell’alzo corrispondente alla distanza del bersaglio, la bocca da fuoco viene direttamente collimata al bersaglio, nel caso che ci occupa, vale a dire nel puntamento indiretto, sistemata la bocca da fuoco in direzione approssimativa dell’obiettivo, è necessario ancora che essa venga poi inclinata dell’angolo relativo alla posizione dell’obiettivo medesimo e di cui bisogna determinare il valore. Per fare ciò occorrerebbe eseguire complessi calcoli matematici che, in battaglia, non sarebbe facile effettuare (anzi, è impossibile effettuare!), soprattutto in considerazione delle pratiche esigenze di estrema celerità dell’operazione; per ovviare a siffatte esigenze si ricorre alle TAVOLE DI TIRO ORDINARIE (riferite solo ad obiettivi terrestri) e che niente altro sono che un insieme di tabelle numeriche (che consentono la ricerca dei dati di tiro mediante la consultazione di calcoli numerici preordinati ed in esse raccolti) o grafiche (che consentono la ricerca dei dati di tiro mediante la consultazione dei grafici preordinati e sempre in esse raccolti), ovvero ancora grafico-numeriche e contenenti tutti i dati necessari, grafici e nel contempo numerici, al fine di:
- eseguire il tiro;
- calcolare le correzioni da apportare ai dati di tiro;
- valutare l’efficacia del tiro.
Tali tavole sono riferite a condizioni ben definite, che prendono il nome di “condizioni di riferimento”, relative a determinati valori di:
- velocità iniziale V;
- peso di proietto p;
- coefficiente di forma del proietto i;
- temperatura ambiente ta;
- temperatura delle cariche tc;
- pressione barometrica B;
- atmosfera in quiete (vento nullo) Q.
I dati che le tavole di tiro forniscono per eseguire il tiro su un determinato obiettivo sono:
- l’angolo di elevazione o alzo (A);
- l’angolo di scostamento ( S );
- la graduazione di spoletta (G), nel caso di tiro a tempo (scoppio del proietto in aria).

Per entrare nelle tavole di tiro e ricavare i dati appena evidenziati, occorre conoscere la distanza topografica arma-obiettivo (distanza naturale).
I dati forniti dalle tavole di tiro sono sempre riferiti ad obiettivi posti sull’orizzonte e sono chiamati “dati di tiro tabulari”; essi differiscono da quelli occorrenti nel momento in cui si effettua il tiro, in quanto le condizioni di riferimento delle tavole di tiro non sono, nella maggior parte dei casi, identiche a quelle del momento in cui viene effettuato il tiro. Infatti, soltanto l’aggiustamento del tiro (spesso viene eseguita la c.d. “forchetta” o “forcella”), permetterà, attraverso successive approssimazioni, di ricercare solo sperimentalmente i dati di tiro di aggiustamento.

Sperando di non aver annoiato nessuno, sono lieto se sono riuscito ad appagare la curiosità di quanti, fino ad oggi, hanno soltanto sentito parlare del mortaio, senza conoscere le caratteristiche ed il modo d’impiego di questa (almeno per me) grande arma, che mi ha letteralmente incantato sin dal primo momento in cui mi è stata assegnata e della quale sono rimasto e rimarrò sempre entusiasta.

Devo dire che, purtroppo, il mio incarico da mortaista non durò a lungo perché, terminata la scuola tiri (e forse anche qualche giorno prima), venni richiamato al Comando di Btg. in quanto ritenuto indispensabile per i servizi di Maggiorità, con grande mugugno di tutti gli altri mortaisti che, per tale circostanza, mi ritennero (per fortuna soltanto in quel momento!) un “imboscato”.
Quanto avrei voluto continuare a fare il mortaista, invece, lo so solo io!

Invero, il lavoro più duro del mortaista è quello effettuato dal caricatore, immediatamente dopo vi è quello del porgitore. Di minor fatica ancora è l’attività svolta dal capo arma puntatore, ed ancor meno faticosa risulta quella del comandante di squadra; gradatamente di minor fatica sono gli incarichi di tavolettista e di goniometrista (anzi, chi svolge quest’ultimo incarico, terminata l’operazione di “parallelismo” di cui più sopra ho riferito, non deve fare più nulla). Simile a quella dei tavolettisti, infine, può essere ritenuta l’attività svolta dagli acquisitori obiettivi, anche se più delicata..

Ordunque, per quanto pesante possa risultare il più faticoso degli incarichi di mortaista (caricatore), non è superfluo evidenziare che la durata di una giornata di esercitazione di tiro non era certamente paragonabile alla durata di una giornata lavorativa in Maggiorità, a prescindere dal divertimento di cui si godeva indubbiamente nell’effettuare i tiri (sopratutto quelli notturni!).

In Maggiorità, invece, ero obbligato a stare in ufficio ancor prima dell’alzabandiera e mentre tutti gli altri facevano colazione (devo dire però che prendevo più di un caffè mentre stavo seduto alla mia scrivania), non avevo addirittura il tempo di partecipare al rancio, ovvero di godere del riposo pomeridiano (ma ad onor del vero, devo dire che spesso pranzavo in una vicina trattoria, mentre gli altri si riposavano), alcune volte non avevo neppure il tempo di godere della libera uscita (ma, sempre ad onor del vero, a volte uscivo per diversi giorni, anche se per particolari missioni) e, addirittura, ero giunto a dimenticare le domeniche e le licenze, tant’è che quindici giorni prima dal congedo dovevo ancora andare in ordinaria. Altro che imboscato!

Affascinato da quell’arma che avevo conosciuto, pur non disprezzando il differente ma importante nuovo incarico affidatomi, nei momenti in cui il lavoro appariva duro non potevo fare a meno di pensare ai tiri! E così, anche se ormai in ufficio, non ho mai dimenticato il mortaio (avendo anche discusso spesso delle sottostanti nozioni tecniche con un mio “collega di sventura”, anch’egli già della mortai - sebbene con originario incarico 32 e, quindi, esattamente tavolettista - ma disgraziatamente anch’egli laureato in giurisprudenza e per tale ragione “spedito”, come me, alla Maggiorità) per tutto il mio servizio che ho concluso fra le carte!

Ad ogni buon conto, ritornando alla bell’arma di cui ho già ampiamente parlato, non credo che si possa fare a meno del mortaio, anche se col trascorrere di tutti questi anni sarà cambiato ogni sistema (è probabile che l’obiettivo venga ricercato automaticamente e che l’arma, anche la più pesante, possa essere gestita da un paio di uomini come già avveniva, sia pur soltanto meccanicamente, per i modelli brixia)….

Forse adesso non si userà più il sistema delle tavole, forse non sarà più necessario l’impiego del goniometrista o dei tavolettisti e, sicuramente, oggi non sarà neppure necessario ricorrere ad una pattuglia di esploratori per l’acquisizione degli obiettivi, considerato l’avvento della nuova tecnologia (sistemi di GPS e satelliti con telecamere che, addirittura dallo spazio, riescono ad inquadrare pure le mutandine indossate delle massaie, finanche mentre cucinano, nonchè computer e software di vario genere ed altre diavolerie); probabilmente si useranno altri sistemi di puntamento, tutti elettronici, sofisticatissimi e che escludono il ricorso al parallelerismo, alle equazioni, al calcolo trigonometrico od al “falso scopo”, ma il mortaio, a mio avviso, rimane insostituibile, quanto meno nel mio cuore, come nel mio cuore è sempre rimasto il paracadutismo.

Folgore! Nembo! Mai strac!
Alfonso Mazzuca

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